IL BAMBINO PICCOLO E LO PSICOTERAPEUTA
Quando uno psicoterapeuta incontra un bambino piccolo e i suoi genitori entra in contatto, prima ancora che con le difficoltà e i sintomi, con il misterioso incanto della primissima infanzia, capace di evocare nell’adulto una magica reazione di incertezza non ansiosa.
IL BAMBINO E IL MISTERO
Il bambino piccolo è un oggetto a tutto tondo che evoca risonanze profonde. Mentre lo osserviamo, dentro di noi (anche dentro a noi terapeuti) si muove qualcosa cui, a suo tempo, non abbiamo potuto dare un nome: emozioni poco contenibili, significati ineffabili.
Più è piccolo e più ci sollecita a fare i conti con la capacità negativa di cui parla Bion, “quella capacità che un uomo possiede se sa perseverare nelle incertezze, attraverso i misteri e i dubbi, senza lasciarsi andare ad una agitata ricerca di fatti e ragioni” (Keats, citato da Bion): l’infante ci chiede di essere in grado di sostare nel non capire.
IL BAMBINO PICCOLO E I GENITORI
E più è piccolo e meno esiste senza la propria madre, senza il proprio “ambiente”. Il bambino piccolo è sempre in relazione con l’adulto. Inizia la sua vita dentro ad una diade (la diade mamma bambino) che spesso tende a chiudere il mondo fuori da sé, ma che -per fortuna- deve sempre di più rapportarsi con un marito padre, là fuori, e lasciare lo spazio dunque ad una vitale situazione triadica. Ingiusto allora, e in realtà impossibile, affrontare le difficoltà di un bambino senza tenere nella mente i suoi genitori. Le difficoltà del sonno, dell’allattamento e dell’alimentazione, del linguaggio svolgono un ruolo o comunque assumono dei significati all’interno delle dinamiche familiari ed è nel contesto della famiglia che possono essere superate.
IL BAMBINO PICCOLO E IL SINTOMO
Il sintomo è una porta d’ingresso su un mondo, è un pretesto, la comunicazione di un disagio. I disturbi della pelle e del corpo, il problema del trattenere la cacca o del farsi la pipì addosso possono essere veramente compresi solo tenendo in mente che, agli albori della vita, psiche e soma sono intrecciati in un nodo inscindibile. Lo sono sempre, certo, anche nell’età adulta, ma nel bambino il legame è più intimo, indissolubile. Molte volte, quindi, il pensiero è sufficiente a risolvere anche tali difficoltà: pensare, insieme ad una terza persona, al proprio bambino e al suo corpo che parla trasforma e cura.
IL BAMBINO PICCOLO E IL TERAPEUTA
Il lavoro con il bambino piccolo è dunque sempre un lavoro anche con la sua famiglia, soprattutto quando è molto piccolo, ma anche quando è un bambino grande, perché l’individuazione di sé è un percorso e le dinamiche familiari restano a lungo intimamente in comunione con le dinamiche interne. L’ascolto fiducioso del terapeuta e il suo sguardo contenitivo aiutano la madre e il padre ad osservare e ad ascoltare il figlio, liberando lo sguardo da proiezioni troppo ingombranti e non elaborate e liberando il bambino da quel normale carico di fantasmi (“intrusi del passato che hanno preso la residenza nella stanza dei bambini”, Fraiberg) che a volte ne ostacola la crescita armoniosa.
“Lentamente perdiamo la capacità di lasciarci stupire, di ammettere che l’insolito è possibile” (Sepulveda): con un terapeuta il sentiero è ripercorso al contrario, per permettere al bambino, e anche a sua madre e a suo padre, di vedersi in un modo nuovo e di riprendere uno sviluppo il più possibile libero e creativo.
Psicologa Psicoterapeuta
Centro Clinico di Psicologia Caltanissetta Buratti