DOLORE CRONICO: CI SI PUO’ CONVIVERE?
Il dolore cronico tende a modificare l’equilibrio biologico, psicologico e sociale della persona e può ripercuotersi negativamente sulle relazioni familiari e interpersonali.
I pazienti di fronte al dolore riportano spesso vissuti di rassegnazione ed impotenza: “Sono stanca”, “Sono arrabbiata col mondo intero”, “Ho una qualità di vita pessima“, oppure “La mia vita è condizionata dal dolore”. Le persone affette da dolore cronico si rivolgono a vari Centri e specialisti, ma talvolta escono senza una diagnosi certa né un’indicazione chiara di cura; da qui si acuiscono vissuti negativi come la rabbia, la frustrazione, il senso di impotenza e rassegnazione.
Proprio la mancanza di una diagnosi o l’inefficacia delle cure determina maggiori difficoltà ad accettare il dolore e la paura di non essere creduti, “Mi sento trattato come il malato immaginario“.
Inoltre tutto può determinare, nel tempo, una condizione di sfiducia nei confronti dei curanti e nelle terapie, con una conseguente scarsa aderenza al trattamento: “Perché buttare giù farmaci se è tutto inutile?”.
Si crea così un pericoloso circolo vizioso in cui i soggetti si sentono ‘intrappolati’ senza via di uscita. Il rischio, presente nella maggior parte dei casi, è anche quello di focalizzarsi esclusivamente sulla propria condizione dolorosa, che diventa il centro della vita, ne prende il controllo, rendendo la malattia invalidante.
E’ un dato significativo che circa il 50% delle persone affette da dolore cronico tendano a soffrire di depressione e i disturbi ansiosi siano presenti nel 40% dei soggetti.
QUALI PERCORSI?
Considerando il dolore cronico una malattia e non un mero sintomo, cambia anche l’ottica della cura, che sarà rivolta non solo all’aspetto organico ma anche a quello psicologico.
La valutazione è multidisciplinare, prevede la collaborazione tra diverse figure professionali che interagiscono al fine di offrire la cura migliore per quel paziente. Vista la complessità del problema, è necessaria una presa in carico della persona nella sua globalità.
Questo implica prendersi cura non solo del dolore, ma della sofferenza in cui la persona sprofonda. Occuparasi dunque dell’aspetto organico, di malattia, ma anche psicologico, di vissuto.
La valutazione del paziente, oltre all’esame fisico e alle indagini diagnostiche, va a indagare la storia clinica, la storia personale e familiare, ed in modo approfondito la storia del dolore, come per esempio le reazioni emotive, l’adattamento, l’impatto sulle relazioni interpersonali.
LA PSICOTERAPIA CENTRATA SUL DOLORE CRONICO
La psicoterapia centrata sul dolore cronico ha l’obiettivo di accogliere e dare senso al dolore al fine di favorire un adattamento funzionale alla malattia.
Una ristrutturazione profonda del senso di Sè logorato da tanti anni di malattia, una riparazione del senso di efficacia e di autostima, distrutti dall’inevitabile perdita di fiducia in se stessi.
La psicoterapia diventa dunque uno spazio in cui sentirsi legittimati a parlare ed esplorare la propria rabbia, la tristezza e tutte quelle emozioni che si tende a nascondere nel quotidiano per non sentirsi ancora più un peso per gli altri.
Uno spazio in cui poter elaborare i vissuti di angoscia per potersene liberare, ma anche un luogo di riflessione e ragionamento per costruire nuove tecniche di gestione della quotidianità e delle problematiche correlate al dolore, per esempio in famiglia o a lavoro.
In alcune situazioni particolarmente complesse, in cui il dolore cronico ha avuto un impatto devastante sulla vita della persona, determinando la comparsa di una sintomatologia ansiosa o depressiva intensa è importante effettuare una valutazione psichiatrica per la possibilità di affiancare alla psicoterapia una cura psicofarmacologica adatta.
Psicologa Psicoterapeuta