ADOLESCENTI E GENITORI: RIUSCIAMO ANCORA A RIDERE IN FAMIGLIA?
Nella stanza di terapia:
Mamma: «Mi creda dottore, il clima in famiglia è proprio pesante, siamo stanchi, neppure quel poco tempo che trascorriamo insieme a cena è sereno»
Terapeuta: «Effettivamente, signora, stavo pensando che gli adolescenti a volte sanno essere molto divertenti e fanno decisamente ridere, altre volte invece lo stare insieme può risultare molto faticoso, un incubo»
Mamma: «Ridere?? Davvero?!!!! Non so da quanto tempo non ridiamo tutti insieme»
Terapeuta: «Immagino. Eppure i ragazzi possono essere molto divertenti».
Ripensando a quella seduta mi sono trovato a riflettere sul bisogno di ridere, sul diritto ad essere felici e sulla risata come termometro di benessere e cura della famiglia.
La malinconia unita all’incredulità di questo genitore fanno pensare; rivelano la dolorosa mancanza di questa atmosfera, ma anche il desiderio di ricrearla. Le parole della mamma mostrano inoltre lo stupore nella possibilità di stare bene insieme e di tornare a vedere i figli come divertenti e piacevoli.
Ascoltando questo genitore ho notato come, a volte, nel parlare con le persone, capita qualcosa di paragonabile a quello che accade andando per boschi o per mare. Sembra di non notare nulla di particolare e poi, improvvisamente, prestando attenzione, si può scorgere ben mimetizzato un gran porcino o un bel pesce che catturano la tua attenzione.
Parlando della vita delle persone e delle famiglie, può accadere di imbattersi in quello che ha permesso di scorgere questo genitore: una fatica quotidiana nello stare insieme che diventa un insopportabile cappa asfissiante e dolorosa. Le difficoltà della vita di uno o più membri della famiglia possono incupire lo stare insieme. Erodono il desiderio di condividere esperienze, pensieri ed emozioni.
Stiamo insieme sentendoci tutti terribilmente soli e temendo la vicinanza di quello che dovrebbe essere uno dei momenti più belli della giornata: la cena in famiglia. Da un iniziale : “ E’ pronto, tutti a tavola!” di quando erano piccoli… si sprofonda nell’attuale: “Che fatica andare di là attorno allo stesso tavolo!”.
Lo stare insieme spensierato, leggero e divertente è ormai un lontano ricordo. Un puntino all’orizzonte, o forse, neanche più quello.
UN CAMBIO DI PROSPETTIVA
Vedere il figlio come fonte di risate e non solo di preoccupazioni, delusioni o rabbia è spiazzante e sorprendente. E ancor più difficile è immaginare che possa esserlo con te e in famiglia e non solo con i coetanei. Come dire: “Possibile? Mi sta prendendo in giro! Varrà per gli altri, ma di certo non a casa nostra!”
È assolutamente normale non crederci più. Ci si abitua facilmente alla pesantezza. Ci si scivola dentro gradualmente come nelle sabbie mobili e poi si fa fatica a uscirne. Si rimane invischiati o ci si trascina giù a vicenda.
La perdita di speranza provoca anche il timore e la paura nel desiderare un cambiamento. Non credendoci più non voglio neanche più illudermi. Ho paura di farlo e di restare ancora una volta deluso.
Oltretutto possono insorgere anche dubbi sul diritto a star bene ed essere felici. Sarà legittimo? Si può sognare o pretendere che il clima sia più leggero? Se ci si crede fino in fondo, le cose possono cambiare in quanto il genitore stesso sarà promotore del cambiamento, partendo proprio dall’intuizione che le cose possano andare diversamente.
Altrimenti contribuiremo a lasciarle andare alla deriva. E, purtroppo, saremo tutti responsabili degli esiti.
Questo è il motivo per cui, in queste situazioni così consolidate, è una manna la preziosa combinazione di incredulità, stupore e malinconico desiderio espresso nelle frasi: “E’ realmente possibile? Davvero sono divertenti? Davvero si può ridere? Da quanto tempo non succede più!”.
È prezioso perché parla della necessità legittima e universale di stare bene insieme. Di un bisogno sano e naturale come lo è quello di ossigeno e acqua. Serena libertà e ariosità.
UN CAMBIO DI APPROCCIO
Incredulità e desiderio possono instaurare anche un nuovo modo di vedere l’altro e di guardarsi. Il genitore o la coppia di genitori possono iniziare a considerare in modo più distaccato e al contempo empatico quel figlio che improvvisamente appare anche arguto, comico, piacevole o simpaticamente maldestro. Sia gradevole, sia irritante, sia con delle difficoltà. “Sia” e non “solo”.
Sono cambi di approccio più o meno impegnativi che però modificano il modo di vivere e di porsi. Ti vedo diversamente. Mi comporterò diversamente. Ti tratterò diversamente… e gradualmente mi risponderai diversamente.
Aiutano anche a comprendersi e conoscersi. Alcuni comportamenti diventeranno più chiari, più logici e più umanamente comprensibili. Il beneficio sarà di tutti, dei genitori come del ragazzo.
Non è immediato né semplice. Così come non è facile per la coppia di genitori cambiare assetto soprattutto se è solo un genitore ad esser ambasciatore di questo disagio.
E’ quindi fondamentale non scoraggiarsi e proteggere il desiderio di tornare a ridere insieme dove questo divertirsi è da interpretare come necessità di prendersi cura di te, di me e di noi famiglia. Come uno strumento per guarire le ferite del singolo o della famiglia partendo da un bisogno apparentemente banale, ma evidente a tutti.
Al contempo il bisogno di tornare a ridere può mettere in moto la ricerca di un aiuto esterno. Può quindi essere uno dei modi per arrivare a chiedere un supporto psicologico. Aiuto cercato per ricreare in famiglia un clima migliore partendo da un sintomo ‘inusuale’: la nostra capacità di ridere si è ammalata.
Psicologo Psicoterapeuta